
Costellazioni familiari: tra empirica esperienza e fenomenologia profonda
- Consolata Vittoria Anguissola d'Altoè
- 6 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Cosa rende le costellazioni sistemiche uno strumento concreto anche per menti razionali?
Negli ultimi vent’anni ho partecipato e condotto centinaia di ore di costellazioni familiari, sistemiche, strutturali, con un approfondimento specifico sulle costellazioni gemellari in utero. Posso dire con chiarezza e senza esitazione: i risultati si ripetono, con una precisione disarmante.
Ogni volta, emergono le stesse dinamiche fondamentali: chi è stato escluso chiede di essere reintegrato, ciò che manca viene riconosciuto, e ciò che si manifesta è spesso sorprendentemente coerente con il sentire profondo del partecipante, anche quando non è stato detto nulla in anticipo.
Questa è esperienza empirica. Non una teoria o una suggestione. Ma un metodo basato su osservazione reiterata, su dati esperienziali che si confermano nel tempo e con persone completamente diverse. Come accade in molte pratiche di campo, la validazione non arriva tanto dalla misurazione, quanto dalla ripetibilità e dalla trasformazione verificabile.
Eppure, il cuore di questo lavoro non è solo empirico. È anche fenomenologico. Il facilitatore non interpreta, non dirige. Si mette al servizio di ciò che appare nel “campo sistemico”. Si osserva. Si sente. Si lascia che “il tema” – spesso invisibile – si manifesti. Questo è il punto in cui il corpo, l’anima e la verità profonda del sistema prendono parola.
Nelle costellazioni gemellari, ad esempio, la presenza di un gemello perduto, non conosciuto razionalmente, si rivela costantemente attraverso sensazioni, gesti, vuoti interiori che trovano finalmente un posto, una spiegazione e una possibile pace.
È proprio questa combinazione tra concretezza osservativa e verità esperienziale che rende le costellazioni un linguaggio che anche le menti più razionali possono imparare a rispettare. Perché l’esperienza diretta è, sempre, il miglior argomento.
“Ciò che appare nel campo non è fantasia: è memoria che prende forma, voce che cerca ascolto, ordine che chiede di tornare.”
– Consolata Anguissola d’Altoè
Commenti